Il patto di Faust: il tempo nel romanticismo

Opera per molti versi affine alla Fenomenologia dello spirito di Hegel, il Faust di Goethe (1808 e 1832) è la rappresentazione scenica del viaggio (Fahrung) e dell’esperienza (Erfahrung) della coscienza. Nel poema l’identificazione tra spirito e mondo è descritta attraverso la smisurata crescita e affermazione di una coscienza, il dotto mago e alchimista Georg Faust, grazie alla preziosa collaborazione della Figura del Negativo, la Forza della Contraddizione, Mefistofele.
C’è già un concetto di tempo in questo percorso: tempo è tendere (streben) a qualcosa che sta oltre, ricercare il risvolto segreto delle cose, uscire dallo Studio e andare per il mondo, lasciare che l’insoddisfazione e la malinconìa dell’adempimento (Sehnsucht) trovino polpa da mordere e ossa da gettare. L’immagine che forse rappresenta meglio questo tempo è quella della danza che i giovani studenti, compagni di stanza allo Stift di Tubinga, Hegel, Schelling e Hölderlin, inscenarono intorno all’Albero della Libertà, piantato nel cortile del collegio a imitazione dei rivoluzionari francesi: nel movimento circolare di quella danza sono convogliate tutte le spinte differenti, tutti gli aneliti, tutte le tempeste e gli assalti, tutti i desiderati fiori azzurri di quegli anni. Ma la circolarità della danza sta anche a significare che ciò che l’uomo cerca, alla fine, non è che se stesso: al discepolo di Sais riuscì di sollevare il velo della dea, ma cosa vide – meraviglia delle meraviglie – se stesso (Novalis, I sacerdoti di Sais, 1798-99).
L’altro polo figurativo e concettuale di questo clima è l’attimo (Augenblick), il raccoglimento nella presenza (Praesenz) illuminante, lo spazio della identificazione e della percezione vaga ma inconfondibile del senso:

Werd ich zum Augenblicke sagen:
Verweile doch! Du bist so schön!
Dann magst du mich in Fesseln schlagen,
Dann will ich gern zugrunde gehn!
Dann mag die Totenglocke schallen,
Dann bist deines Dienstes frei,
Die Uhr mag stehn, der Zeiger fallen,
Es sei die Zeit für mich vorbei!
(Faust, Erster Teil, Studierzimmer)

Se all’attimo dirò: "Resta! Sei bello!",
allora sì, ti sia concesso stringermi
entro le tue catene;
allora sì, beatamente, a picco
io cali in perdizione!
Squillino allora a morto le campane,
e liberato sii dai tuoi servigi;
l’orologio si fermi; sul quadrante cadano giù le sfere,
e per me cada consumato il Tempo!
(trad. di V. Errante)

Dietro questa concezione dell’attimo rivelatore come sospensione del tempo, compimento del viaggio di scoperta confinante con l’eternità, c’è la tradizione mistica di Agostino e di Meister Eckart, nonché l’idea di un tempo da compiere che può trovare la sua direzione in brevi lampi di verità, posti quasi fuori del tempo stesso, rapidi come un battito di ciglia (Blick der Augen) che pietrifica lo scorrere irriflesso e il flusso inarrestabile.