“Quid est tempus? Si nemo a me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio!”
(S. Agostino, Confessioni, XI, 14)


Si avverte oggi, quanto mai urgente, la necessità di riflettere sul tempo.
Filo rosso della riflessione filosofica, letteraria e mitografica fin da quando il pensiero dell’uomo è divenuto coscienza, riflessione su di sé. Le classiche domande: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?” mettono al centro del loro incessante interrogare proprio il tema del tempo.
L’epoca contemporanea ci porta ad esperienza per la prima volta un evento straordinario: la compresenza all’interno di uno stesso orizzonte di vita, di simultaneità e non-simultaneità, di abolizione delle distanze cronologiche e, ad un tempo, di una loro manifestazione evidente e percepibile.
La comunicazione e, in particolare, l’immagine comunicativa si danno in presa diretta, in tempo reale: posso vedere ciò che ora sta accadendo in un paese lontanissimo da me, posso comunicare attraverso la rete con chi in questo momento si trova a migliaia di chilometri di distanza.
Eppure basta una passeggiata da un capo all’altro di una via di New York, Milano o San Paolo per vedere e intuire che vi sono situazioni, cose e persone che vivono, pensano, operano in dimensioni temporali diversissime fra loro.
Contemporaneo e non-contemporaneo si intrecciano costantemente e il nodo di quest’intreccio è il concetto di tempo: “se nessuno me lo chiede so di cosa si tratta, ma se qualcuno mi interroga non so più spiegarmi”.