La non-contemporaneità

Passeggio da un capo all’altro di una strada di New-York, San Paolo, Milano; si accendono schermi puntati su volti e luoghi lontani-vicini, altri; si scendono le scale, si incontra qualcuno sul pianerottolo, si parla o si tira dritto. Tutte queste cose che fanno sperimentare la diversità e l’alterità possono avvenire contemporaneamente, anzi avvengono entro lo stesso scenario spazio-temporale.
Oppure la diversità-alterità apre nuovi canali temporali, altre dimensioni parallele-convergenti-divergenti, non-contemporanee fra di loro?
Il Novecento ci ha insegnato che non possiamo pensare di vivere in un tempo omogeneo, assoluto, uguale per tutti. Vi sono tanti tempi ed è proprio questa pluralità temporale che rende possibile la dialettica dell’identità e della differenza (Merleau-Ponty), il riconoscimento di sé attraverso il volto d’altri (E. Lévinas) o il riconoscimento del proprio corpo come altro (P. Ricoeur), la visione di un cosmo pluri-centrico e a-centrico, un costume etico improntato al riconoscimento e al rispetto della differenza.