Il tempo come origine e come meta:
il viaggio della Fenomenologia dello spirito


Probabilmente l’opera più interessante in cui vediamo all’opera la concezione del tempo in G.W.F. Hegel resta la Fenomenologia dello spirito (1807), il romanzo di formazione dello spirito, la scienza dell’esperienza della coscienza. La coscienza muove dai fenomeni, da ciò che appare, e scopre attraverso la via del dubbio disperato (Verzweiflung) come il fenomeno altro non sia che la rivelazione dell’essenza, cui giunge dopo la dialettica della negazione.
Il primo movimento della coscienza si situa nell’ambito della certezza sensibile, laddove gli oggetti esterni sono riconosciuti nella loro esistenza immediata, sono là nel mondo, fuori da questo Io che li guarda e cerca di conoscerli. Ma non appena comincia la prima interrogazione sorge la dialettica: che cos’è questo? Noi lo prendiamo come l’ora (Jetzt) e come il qui (Hier). Ma che cos’è l’ora? “Noi rispondiamo per esempio: l’Ora è la notte. Per esaminare la verità di questa certezza sensibile basta un semplice esperimento: annotiamo per iscritto questa verità – una verità, infatti, non può perdere nulla se viene messa per iscritto, e ancora meno se viene conservata. Se però noi rivediamo Ora, a mezzogiorno, la verità scritta, saremo costretti a dire che è divenuta stantìa” (Fenomenologia dello spirito, Rusconi, Milano, 1995, tr. it. di V. Cicero, p. 173). Il movimento dell’ora porta sempre verso ciò che è altro, che è e insieme non è, pertanto quello che muoveva dalla sensibilità immediata dell’oggetto si ritrova nell’universalità astratta della categoria generale.
E’ sufficiente questo primo semplice livello per comprendere il nocciolo del significato di tempo per Hegel: il tempo è passaggio, inquietudine (Unruhe), contraddizione vitale, negatività che sopprime se stessa. Dal primo movimento della coscienza, che abbiamo visto con la certezza sensibile, il percorso progressivo di successione delle figure si dispiega fino al Sapere Assoluto, dove troviamo il Tempo come il Concetto puro, come intuizione vuota della coscienza, destinato a scomparire quando il Concetto raggiunge la sua pienezza ab-soluta, che al limite coincide con l’eternità. Il tempo è dunque il segno della dialettica, la conquista della storicità (Zeitgeist), il movimento della prassi, il passaggio incessante dall’identico al non-identico, la pura contraddizione esistente (der daseiende reine Widerspruch, Enciclopedia delle scienze filosofiche, par. 258, 259).
Questa maniera di rapportarsi con il tempo imprime con tutta evidenza un movimento coscienzialistico e soggettivo alla comprensione del mondo: il tempo è legato all'Io a doppio filo, illumina con la sua solarità ogni anfratto oscuro dell’attimo e della vita, predispone il passaggio dalla verità come sostanza alla verità come soggetto.