Bergson: il tempo come durata
In un contesto ancora per larga parte di impostazione positivista, teso nella fattispecie a riflettere sulla natura della percezione nel rapporto tra soggetto conoscente e realtà conosciuta, Henri Bergson sviluppa la sua celebre riflessione sul tempo.
Già nella prima opera importante, il Saggio sui dati immediati della coscienza (1889), il rapporto tra io e mondo è mediato dal linguaggio, ciò che provoca un filtro che evidenzia lirriducibile alterità tra sfera della quantità e sfera della qualità. Questo fatto, evidente alla coscienza, si manifesta in modo chiaro e distinto nel caso della percezione del tempo: vi è un concetto matematico del tempo, astratto, neutro, assoluto e daltra parte vi è un tempo soggettivo che coincide con la durata (durée), il contenuto qualitativo dellesistenza, il sovrappiù di vita indifferente al tempo assoluto. La durée sembra dunque coincidere con la vita stessa, attraversata dallo scambio che vi è tra la percezione e la persistenza dei ricordi (memoria, definita in Materia e memoria, 1896, tr. it. 1983). Si distinguono così una memoria-abitudine (serie di ricordi irriflessi e spontanei) e una memoria-ricordo (fatti del passato bene individualizzati e presenti a livello virtuale nel cervello). Tramite questa complessa riflessione il fenomeno-tempo viene ad assumere una duplice natura soggettiva e oggettiva insieme:
Se voglio prepararmi un bicchiere dacqua zuccherata, cè poco da fare, debbo attendere che lo zucchero si sciolga. Questo piccolo fatto è gravido di insegnamenti. Perché il tempo che debbo attendere non è più quel tempo matematico che si applicherebbe altrettanto bene allintera storia del mondo materiale, anche qualora fosse dispiegato immediatamente nello spazio. Esso coincide con la mia impazienza, ovvero con una certa porzione della mia durata stessa, che non è allungabile o accorciabile a piacere. Non è più del pensato, è del vissuto. Non è più una relazione, è qualcosa di assoluto. Questo che cosa vuol dire se non che il bicchiere dacqua, lo zucchero e il processo di scioglimento dello zucchero nellacqua, sono senza dubbio delle astrazioni e che il Tutto, in cui sono stati ritagliati dai miei sensi e dal mio intelletto, progredisce forse nello stesso modo della coscienza?
(H. Bergson, Levoluzione creatrice, Paris, 1907, tr. it. 1935)
Ricapitolando si può affermare che la durée, il concetto fondamentale introdotto da Bergson, è lesperienza di un vissuto soggettivo non misurabile (il medesimo tempo trascorso nella sala dattesa del dentista e in compagnia damici paiono irriducibilmente diversi e incomparabili!), il nodo nel rapporto tra percezione e memoria, il criterio di distinzione tra ciò che è fittizio e ciò che è reale e, quindi, costituisce in qualche modo la stoffa stessa del reale, poiché il mondo è fatto di tempo. Lidea di un tempo assoluto e tendenzialmente omogeneo può quindi rovesciarsi senza grandi difficoltà in uno spazio omogeneo e assoluto: è con questa equazione che la realtà esterna, nonostante la complessità delle questioni legate alla percezione, resta sostanzialmente misurabile.