Tempo della chiesa e tempo del mercante

Il Medioevo cristiano occidentale ha assimilato in maniera profonda il senso trascendente ed escatologico del tempo: il dies è scandito dal rintocco delle campane dei monasteri e delle chiese che segnano l’ora della preghiera, del lavoro, dei pasti e del sonno. Si tratta della prima esperienza del tempo autenticamente condivisa da una larga fascia della popolazione, entro spazi geografici profondamente diversi.
“Il tempo ormai si è fatto breve” (I Corinzi, 7,29): la fine del tempo storico e l’avvento del tempo del Giudizio viene avvertita in ambienti religiosi anche poco ortodossi, come le eresie escatologiche o le forme estreme del millenarismo.
Nella comunità (koinè) del tempo cristiano condiviso comincia a farsi strada, a partire dal Basso Medioevo, l’idea di un tempo diverso che è il tempo dei commerci, del periodo che separa l’impegno di pagamento dal saldo. Come ha insegnato Le Goff, al tempo della Chiesa comincia ad affiancarsi il tempo del mercante: il primo appartiene a Dio, il secondo appartiene all’uomo. Venne allora dibattuta la questione se il tempo, che appunto appartiene a Dio, potesse essere oggetto di scambio e compravendita come avviene nelle dilazioni di pagamento o nell’usura. Eppure aldilà delle quaestiones teologiche, il tempo diviene misurabile, segna le distanze in giornate di viaggio delle merci, scandisce le giornate e gli orari dei mercati pubblici: si diffondono le torri degli orologi erette spesso di fronte alle torri campanarie, il tempo si urbanizza e si distacca progressivamente dal ritmo dell’ambiente naturale, della semina e del raccolto.
La pittura introduce la prima dimensione temporale con l’approfondimento del campo e la visione simultanea delle figure in azione, la letteratura rivoluziona il tempo del racconto, dalla visione eterna o atemporale (la grande visione dantesca) alla visione storica, dinamica, fatta di cornici, flash-back, intreccio (Boccaccio).
Tempo della Chiesa e tempo del mercante sono compresenti nella prospettiva dell’uomo medievale e questo porta a una concezione soggettiva e individuale del tempo. Così Le Goff: “Forse c’è un nesso più stretto di quanto si creda e di quanto essi stessi senza dubbio pensassero fra le lezioni dei maestri di Oxford e di Parigi e le imprese dei mercanti di Genova, Venezia, Lubecca, al tramonto del Medioevo. Forse proprio sotto la loro azione congiunta il tempo si spezza e il tempo dei mercanti si libera dal tempo biblico, che la Chiesa non sa conservare nella sua ambivalenza fondamentale” (Jacques Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, 1977, p. 23).