La visione cristiana e il tempo della salvezza

Con la nascita di Gesù Cristo, il Figlio di Dio secondo la religione cristiana, ha inizio un tempo nuovo che determinerà a posteriori una rivoluzione nella misurazione del tempo e la separazione, all’interno del corpus della Bibbia, tra Antico Testamento e Nuovo Testamento. I Vangeli Apocrifi parlano di una sospensione del tempo nell’attimo della venuta al mondo di Gesù Cristo, tempo che poi riprese a scorrere mutato e rinnovato.
La vicenda del Cristo con la sua nascita, la sua vita prima nascosta e poi pubblica, la sua morte e la resurrezione dai morti, delinea la storia di una salvezza avvenuta. La concezione del tempo ebraica viene compiuta dal cristianesimo con la speranza adempiuta e l’attesa colmata: il tempo dunque è fede in un evento già verificatosi, il mistero dell’incarnazione di Dio e della sua resurrezione, è attesa e preparazione della vita eterna fino alla fine dei tempi. Con il cristianesimo il tempo diventa storia e l’evento-Cristo diviene il centro della storia, il suo spartiacque cronologico e metafisico.
Il libro che rivela immagini e visioni sulla fine dei tempi è l’Apocalisse di Giovanni o dello pseudo-Giovanni: l’apparato simbolico e allegorico usato per designare le cose ultime (escatologia) è ricco e complesso. L’Agnello spezza il settimo sigillo del libro tenuto nelle mani di colui che siede sul trono e “Si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora” (Ap. 8,1): il punto di rottura del tempo storico, la crisi, la condanna, la lacerazione del male trovano compimento nel Tempo della trascendenza e della fede nei valori eterni.