Il tempo della Bibbia
(Ebraismo e temporalità)


Secondo la Torah, la Legge che comprende i primi cinque libri della Bibbia, l’inizio del tempo avviene con la creazione: “In principio, Dio creò il cielo e la terra” (Gen, 1,1) e la misurazione del tempo avviene con la creazione degli astri “segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni” (Gen, 1,14).
Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, crea il tempo della perfezione ma l’uomo trasgredisce e scivola nel tempo della caduta e del tentativo di risalire.
Il tempo biblico è storia della speranza nella salvezza, storia di promesse fatte da Dio al suo popolo e dal suo popolo a Dio, storia di esili e di ritorni desiderati, storia di un’identità perduta e della fatica di ritrovarla, storia della sospensione e storia dell’attesa, storia della tensione verso uno scopo ultimo (télos) e salvifico. Colui che compirà il tempo dell’attesa e della speranza sarà il Messia, lo sposo anelato del Cantico dei Cantici, il servo sofferente di Isaia 53 che si addossa i peccati degli uomini.
Ogni momento può essere buono per l’avvento del Messia, Egli può entrare attraverso la piccola porta dell’attimo e rivoluzionare il tempo, annullare la caduta dell’uomo, portare l’adeguazione tra il tempo dell’uomo e il tempo di Dio. Questa concezione verrà ripresa e perfezionata nel corso dei secoli successivi fino al Medioevo e oltre dalla mistica legata alla qabbalah, in particolare dal chassidismo che costruì intorno all’attesa del Messia nei piccoli eventi del quotidiano una vera e propria letteratura orale di narrazioni, favole e racconti (cfr. G. Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, 1941).