Heidegger: il tempo come senso dell’essere
(Una conferenza del 1924; Sein und Zeit, parr. 65-71)


La personalità che forse più di ogni altra ha pensato l’essenza della temporalità nel Novecento è Martin Heidegger. Nel 1924 pronuncia dinanzi ai teologi di Marburgo una conferenza che muove dall’interrogazione fondamentale: Che cos’è il tempo? Heidegger risponde con una serie di appassionate e profonde riflessioni che lo conducono a un’analisi storica del concetto di tempo, attraverso l’esame delle forme dell’esistenza e del suo rapportarsi al mondo (definizione dell’esistenza come Dasein, esser-ci), fino alla comprensione del senso stesso dell’esser-ci come temporalità: “L’esser-ci, compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo.” (M. Heidegger, Il concetto di tempo, tr. it. Milano, 1998). Il tempo dunque è una modalità dell’esistenza, anzi la modalità dell’esistenza: la risposta alla domanda che “cos’è il tempo?” non è un che cosa ma un come.
Nell’opera maggiore di Heidegger, Essere e tempo (1927), queste riflessioni vengono riprese e sviluppate: bisogna ripensare l’essere, la metafisica ha sempre pensato l’essere nella forma della semplice presenza mentre l’essere va pensato autenticamente a partire da una fenomenologia dell’esistenza, dunque come il problema dell’esser-ci che interroga sul senso dell’essere. L’esser-ci trova il suo senso solo nella cura (Sorge) delle cose del mondo che entrano a far parte del suo progetto esistenziale e riconosce come sua possibilità più autentica l’essere-per-la-morte (Zum-Tode-sein). Ma come può l’esser-ci riconoscere la morte come sua possibilità più autentica? Attraverso un atto che gli permetta di scegliere in anticipo tutte le possibilità della vita come sue possibilità, attraverso la decisione anticipatrice. Siamo ora in grado di seguire la difficile definizione della temporalità data da Heidegger:

“Solo in quanto determinato dalla temporalità, l’esser-ci rende possibile a se stesso quell’autentico poter-essere-un-tutto che risultò proprio della decisione anticipatrice. La temporalità si rivela come il senso della cura autentica.” (M. Heidegger, Essere e tempo, 1927, tr. it. Torino, 1969).

Tuttavia non solo il tempo come senso dell’esserci, ma il tempo come senso dell’essere in quanto tale: l’essere è il tempo e il tempo è l’essere. Ma per sciogliere questo nodo il linguaggio della filosofia non basta più, occorre una lingua che sappia porsi in ascolto della verità, una lingua degli dei che di tanto in tanto traluce nelle parole dei poeti e degli artisti.