La sapienza greca

La contemplazione della volta celeste segnò per prima la consapevolezza del trascorrere. Almeno così fu per i seguaci di Orfeo che affidarono ai riti di purificazione la loro appartenenza alla vita iniziatica e, quindi, la possibilità del demone-anima di sopravvivere dopo la morte e trasmigrare.
Gli eventi della vita naturale divengono carichi di simboli, la costituzione del cosmo diviene oggetto di interrogazione: gli astri, l’aria, il fuoco, l’acqua sono elementi della natura e del cosmo compresi nell’orizzonte del tempo. Per questo ancora oggi uno dei significati del tempo, almeno nelle lingue neolatine, è quello meteorologico.

Eraclito di Efeso guardava al principio della vita (il lògos) come l’armonia fra gli opposti, “comune nel cerchio è il principio e la fine” (Diels-Kranz, fr. 103). Il trascorrere delle cose le strappa alla loro consistenza reale: non solo non ci si bagna due volte nello stesso fiume, ma neppure una volta poiché niente è quel che è. La realtà non parla, non nasconde, ma manda dei segni (fr. 93): chi ha occhi per guardare coglie questi segni nella circolarità del tempo, così come circolare è l’Uroboros, il serpente che si morde la coda, rappresentazione figurativa dell’infinità e della continuità del tempo. L’immagine metaforica forse più bella di questa concezione dell’Aion, il tempo nella sua dimensione di flusso irriflesso, è quella del fr. 52 di Eraclito: “Il Tempo è un fanciullo che per gioco sposta le pedine sulla scacchiera: sovrano potere di bimbo”.
Venne poi l’occhio di chi, come la Gorgone, intendeva rendere pietra la realtà: Parmenide disse che l’essere è oppure non è , ma visto che evidentemente è, una sola via resta al discorso: l’essere non era né sarà poiché è tutto insieme ora. La rivelazione divina porta dunque verso la verità sferiforme, lontano dall’opinione di chi, pensando due cose opposte, è come se avesse due teste.
Ancora la sfera. Il tempo sta nella sfera eppure nel suo essere totalmente presente coincide con il nulla.
Ci fu anche chi, come Zenone di Elea, per difendere la sfera volle scomporre la linea del tempo nei suoi costituenti minimi fino ai primordi del calcolo infinitesimale: il piè veloce Achille non poteva così raggiungere la tartaruga e la freccia non coglieva mai il bersaglio. Ma si può concepire il tempo come una semplice somma di istanti?