Platone (Timeo, 37d)
Aristotele (Fisica, VI, 9)


“Dunque il tempo fu prodotto insieme con il cielo, affinché, così come erano nati insieme, si dissolvessero anche insieme, se mai dovesse avvenire una loro dissoluzione. E fu prodotto in base al modello della realtà eterna in modo che gli fosse al più alto grado simile nella misura del possibile” (Timeo, 37D).
Così Platone che, volendo attribuire alle cose una certa dignità d’essere, pur essendo solo una pallida copia del mondo delle idee, disse che l’Artefice creò il mondo delle cose reali a immagine e somiglianza dell’esemplare celeste. Per far questo dovette però introdurre il concetto dell’immagine in movimento dell’eterno, ciò che precisamente è il tempo. Il tempo è ciò che distingue il modello dalla copia, l’essere intermedio fra l’essere e il non-essere.

Fu tuttavia Aristotele a riflettere sul tempo come un alcunché di strano che sta fra il cosmo e l’intelletto. Il tempo è legato al movimento dei corpi, il movimento perfetto è quello circolare, il movimento circolare dei corpi è quello degli astri. Ciò che muove gli astri senza a sua volta essere mosso è il Motore Immobile, il quale dà origine al tempo astronomico. Ma chi è in grado di percepire il numero del movimento secondo il prima e il poi? Solo l’intelletto o, come qualcuno traduce, l’anima. Il tempo è una corda tesa e oscillante tra l’intelletto dell’uomo e il Motore Immobile.