Katherine Anne Porter raccontava di essersi risvegliata dai deliri dell’influenza con i capelli bianchi e radi, una gamba ancora gonfia a causa della flebite e un gomito inspiegabilmente rotto e ancora dolente: «I really had participated in death, […] I knew what death was, and had almost experienced it».

Il suo racconto autobiografico Pale Horse, Pale Rider costituisce la più lucida ed esplicita testimonianza della pandemia di influenza “spagnola” del 1918. L’opera, tuttavia, fu pubblicata soltanto nel 1938 (su The Southern Review), a vent’anni di distanza dagli eventi che ripercorre con dovizia cronachistica e lucida disillusione, e anche la composizione del racconto pare essere avvenuta a ridosso di quella data. Ugualmente, l’affermarsi di Porter come scrittrice risale agli anni Trenta, con la pubblicazione di Flowering Judas (1930), la sua prima raccolta di successo. L’edizione postuma dell’opera poetica di Porter, uscita nel 1996 per la South Carolina University Press a cura di Darlene Harbour Unrue, testimonia però uno sparuto manipolo di liriche inedite dei primi anni Venti, attraverso cui Porter instaura un precoce e crudo dialogo con il trauma e con la morte. Fra esse, Song with Castanet Accompaniment, composta attorno al 1921, funge da ponte fra l’esperienza dell’influenza e la sua trasposizione narrativa sul finire del decennio successivo.

Song with Castanet Accompaniment

«He knew the anguish of the marrow, The ague of the skeleton.»
T.S. Eliot

«The clean bones crying in the flesh.»
Elinor Wylie

«Tis that every mother’s son,
Travails with a skeleton.»
A.E. Housman

When she peered in the looking-glass
A jocund skull regarded her;
Neat bones stared palely through a skin
Sleekened with oil, tainted with myrrh.

She smoothed her cheeks and left them rose,
She touched her lips and made them red:
“And I shall rattle like shaken dice
When Gabriel drags me out of bed!

My ribs shall chatter like housewife’s keys,
Dry joints bend at the shuttered gate,
Eyeless to gaze through a chink in the wall,
At the limitless impudence of fate:

Who weaponed me with melting flesh
To war with potent rain and sun —
And strips me before the ultimate Eye,
An apologetic skeleton!”

Canzone con accompagnamento di nacchere

«Conosceva l’angoscia del midollo, il brivido dello scheletro»
T.S. Eliot

«Le ossa pulite piangono nella carne»
Elinor Wylie

«È che il figlio d’ogni madre,
tribula con uno scheletro.»
A.E. Housman

Quando scrutò nello specchio
La guardava un teschio gaio;
Ossa pulite la fissavano pallidamente da una pelle
lisciata d’olio, intrisa di mirra.

Si accarezzò le guance e le lasciò arrossire,
Si toccò le labbra e le fece rosse:
«E dovrò scricchiolare come dadi scossi
Quando Gabriel mi trascinerà giù dal letto!»

Le mie costole tintinneranno come le chiavi della casalinga,
Le articolazioni secche si curveranno al cancello serrato
cieche per vedere da una crepa del muro
la sconfinata impudenza del destino:

Che mi ha armato con carne che si scioglie
Per guerreggiare con la pioggia e il sole potenti –––
E mi sbrindella d’innanzi all’ultimo Occhio,
Uno scheletro apologetico

Vi si ritrovano il riferimento a Gabriel, lo zio prototipo dell’amante ideale e idealizzato di Old Mortality, l’altro racconto autobiografico che accompagna Pale Horse, Pale Rider; il motivo musicale – lo spiritual, «Pale Horse, Pale Rider», per l’appunto, che nel racconto del 1938 sublimerà la vicenda di Miranda-Katherine Anne e che qui è già, nel tintinnare delle ossa come nacchere, pervasivo palesarsi della morte sulla vita, ma anche e soprattutto la scena su cui si concluderà il racconto:

Miranda, sitting up before the mirror, wrote carefully: «One lipstick, medium, one ounce flask Bois d’Hiver perfume, one pair of gray suède gauntlets without straps, two pairs gray sheer stockings without clocks». Towney, reading after her, said, «Everything without something so that it will be almost impossible to get?». «Try it, though,» said Miranda, «they’re nicer with-out. One walking stick of silvery wood with a silver knob». «That’s going to be expensive,» warned Towney. «Walking is hardly worth it». «You’re right,» said Miranda, and wrote in the margin, «a nice one to match my other things. Ask Chuck to look for this, Mary. Good looking and not too heavy». Lazarus, come forth. Not unless you bring me my top hat and stick. Stay where you are then, you snob. Not at all. I’m coming forth. «A jar of cold cream,» wrote Miranda, «a box of apricot powder-and, Mary, I don’t need eye shadow, do I?» She glanced at her face in the mirror and away again. «Still, no one need pity this corpse if we look properly to the art of the thing».[1]

Nello specchio e nella preparazione del «corpse» di Miranda coagulano così la memoria della vicenda reale di Porter – quel bastone a cui dovette ricorrere per diversi mesi durante la convalescenza – e della sua prima trasfigurazione in versi all’inizio degli anni Venti, quando già dovette parerle evidente che il più resistente strascico dell’influenza e della guerra – l’irrisolto rapporto con la morte e col morire – la avrebbe accompagnata sottopelle per tutti gli anni a venire:

«“Pale horse, pale rider,”» said Miranda, «(We really need a good banjo) “done taken my lover away”— » Her voice cleared and she said, «But we ought to get on with it. What’s the next line?». «There’s a lot more to it than that,» said Adam, «about forty verses, the rider done taken away mammy, pappy, brother, sister, the whole family besides the lover». «But not the singer, not yet,» said Miranda. «Death always leaves one singer to mourn. “Death,”» she sang, «“oh, leave one singer to mourn”».[2]


Luca Sanseverino (Scuola Superiore Meridionale)
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[1] Alzandosi a sedere davanti allo specchio, Miranda scrisse con cura: – Un rossetto, medium, una boccetta di profumo Bois d’Hiver, un paio di guanti di camoscio grigi senza bottoni, due paia di calze di seta grigie senza baguette…
Leggendo dietro le sue spalle, Cittadina osservò: – Tutto senza qualcosa, sarà quasi impossibile trovarli.
– Prova lo stesso, – disse Miranda, – sono più carine senza. Un bastone da passeggio di legno grigio-argento con pomo d’argento.
– Questo costerà caro, – ammonì Cittadina. – Per passeggiare non val quasi la pena.
– Hai ragione, – rispose Miranda, e, in margine, scrisse:
Uno grazioso che si intoni al resto. Chiedi a Chuck che se ne occupi lui, Mary: che sia carino e non troppo pesante – Lazzaro, vieni fuori. No, se non mi portate il cappello a cilindro e il bastone. Resta dove sei, allora, snob! Neanche per sogno, verrò fuori. –Un vasetto di crema per la pelle, – scrisse Miranda, – della cipria color albicocca… e, non ho mica bisogno di ombreggiare gli occhi, no? – Gettò un’altra occhiata al viso nello specchio, poi distolse lo sguardo. – E poi, nessuno deve avere pietà di questo cadavere se consideriamo debitamente l’arte che ci è voluta.

[2]Bianco cavallo, bianco cavaliere, – disse Miranda, – (qui però ci vorrebbe il banjo), non portar via il mio amore, – le si schiarì la voce, – ma andiamo avanti: com’è il secondo verso?
– Eh, ce n’è molti di più! saranno almeno quaranta: il cavaliere non deve portar via la mamma, il babbo, il fratello, la sorella, tutta la famiglia oltre al suo amore…
– Ma non quello che canta, ancora no: la Morte lascia sempre uno che canta, a piangere. Morte, – cantò Miranda, – oh, lascia un cantore che pianga…