La traccia dominante che emerge dagli esempi esaminati in questo libro caratterizzata da una forma di negazione: l’attivazione del pubblico nell’arte partecipativa si pone in antitesi rispetto alla sua controparte mitica, il passivo consumo spettatoriale. Il desiderio di rendere attivo il pubblico nell’arte partecipativa allo stesso tempo un impulso a emanciparlo dallo stato di alienazione indotto dall’ordine ideologico dominante – sia questo il capitalismo consumista, il socialismo totalitario o la dittatura militare. L’arte partecipativa mira a ricostruire e a realizzare uno spazio comune e collettivo di impegno sociale condiviso. Quest’obiettivo viene perseguito sia con gesti costruttivi di impatto sociale, che confutano l’ingiustizia del mondo proponendo un’alternativa, sia attraverso un raddoppiamento nichilista dell’alienazione, che nega l’ingiustizia e l’assurdit del mondo all’interno dell’opera stessa. In entrambi i casi, l’opera cerca di forgiare un corpo sociale collettivo, co-autoriale e partecipativo – uno attraverso un processo affermativo (la realizzazione utopica), l’altro tramite un processo indiretto (la negazione della negazione).