l rumore del cuore, Il gatto nero di Edgar Allan Poe

Due organismi viventi, un cuore e un gatto, vengono occultati, creduti morti; ma nella loro tragica vitalità, entrambi danno segnali della loro esistenza. Un cuore batte sotto un tappeto, e la sua eco rimbomba terribile nelle orecchie di chi vi cammina sopra. Soffocata tra la calce di una parete, la carogna di un gatto lancia i suoi temibili
anatemi. La fervida, cupa fantasia di Poe concepisce per entrambi i racconti un identico dispositivo letterario, per cui è il segnale di sopravvivenza lanciato dai supposti organismi soppressi, la leva che non soltanto smaschera gli artefici dell’occultamento, ma scardina la facciata della storia, mettendone a nudo il nocciolo di verità, la natura
spaventosamente violenta e pulsante che si nasconde dietro qualsiasi apparenza. Due apologhi inquietanti su cosa possa significare sopprimere, nascondere: e fallire. Due metafore della cruda realtà con cui si è costretti a fare i conti, quale sia stato il tentativo di rimozione.
Lisa Ginzburg

Lo spettacolo che abbiamo costruito mi ha ricordato il modo in cui lavorano certi scrittori ebrei: Kafka, Benjamin, Bloch; rappresentanti di una cultura in grado anche di dissacrare, di divertirsi con ciò che dovrebbe sembrare tragico. Siamo stati irriverenti, intendo dire, capaci di restituire qualcosa di tenebrosamente ironico. Questo genere di eventi dovrebbe servire a sviluppare una nuova drammaturgia dei testi, che non significa solo leggere, o solamente suonare, ma mettere in piedi una vera e propria jam session, uno spazio di improvvisazione a misura di una particolare sintonia artistica.
Marco Baliani

A tratti, è molto piú importante il suono del significato. In uno dei due racconti, a un certo punto, Poe scrive la frase: “come un orologio avvolto nell’ovatta”. Non ho neanche pensato a cosa la frase volesse dire: mi sono fatto prendere dal suono delle parole, e ho immaginato la musica attenendomi a quello.
Stefano Bollani

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