A tutti i nietzscheani salgariani, a tutti coloro che un giorno hanno pensato di riscrivere la propria vita, e poi si sono accorti che erano senza carta (e senza metaforico inchiostro). A tutti coloro a cui almeno una volta è venuto in mente di cancellare per sempre la finzione d’esserci. A tutti quelli che vorrebbero scrivere per non dire null’altro che la conoscenza di quanto è sconosciuto. A tutti coloro che scrivono, in vista della verità, una parola che non c’è e forse non ci sarà nemmeno domani. A tutti quelli che scrivendo “domani” si illudono che vi sia la possibilità di iniziare un nuovo corso. A tutti coloro che (non) hanno il privilegio di comprendere il destino. A tutti quelli che hanno compreso che non si esce (e sono comunque altrettanto vuoti e ignari e tristi) da questo eterno circolo: Tu sei quel che è il tuo profondo, stimolante desiderio. Com’è il tuo desiderio, cosí è la tua volontà. Com’è la tua volontà, cosí è la tua azione. Com’è la tua azione, cosí è il tuo destino. (Brahadaranyaka Upanisad IV, 4.5) E anche a tutti coloro che abitano la sventura di sfruttare il talento altrui senza il freno del dolore. A tutti i mercanti. A tutti quelli che imbrogliano se stessi indossando una maschera uguale al loro volto. A tutti coloro che rispettano il volto dell’altro. – L’editore