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Che cos’è la giustizia?

Esiste un vocabolo indoeuropeo “yeus” o “yewes”: nel latino arcaico “ioves”, col derivato “iovestos”; donde “ius”, “iustus”, “iustitia”. Il lessico normativo ha due modelli elementari. Uno espone figure geometriche. Ad esempio, “nomos” da “nemein”, spartire: la “nomothesía” costituisce rapporti nel mondo umano e divino; sopra Zeus, legislatore celeste, vigono norme fondamentali, perché nel cosmo regna la Moira, un equilibrio impersonale. Varie catene semantiche, dal sanscrito “dharma” a “themis”, “thesis”, “thesmós”, significano regola, limite, misura: aggettivinomi quali “recht”, “right”, “droit”, “diritto”, indicano la distanza minore tra due punti.
L’altra idea, involuta nel famoso testo d’Anassimandro, è che le cose, animate o no, escano dalla matrice e vi riaffondino, scontando reciproche ingiustizie secondo ritmi battuti da Kronos.

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