Una lettura che corre lungo l’arco di una immaginaria “giornata tipo” di Ennio Flaiano. Secondo la traiettoria che Flaiano stesso descrive in un frammento de La solitudine del Satiro: “Cambio di umore e di idee seguendo il corso del sole. La mattina odio la società, la sera l’amo. Al mattino, leggendo i giornali, tutto mi è di peso: la commozione delle classi medie, l’insolenza degli estremisti, la beatitudine dei governanti. Col trascorrere delle ore mi sento piú portato a comprendere gli altri punti di vista, persino a tollerare e a sorridere. Scende infine la sera: ma sí, tutto va meglio, l’Italia è il mio paese, gli italiani sono simpatici con tutti i loro difetti, la rivoluzione può essere rinviata. L’indomani sono daccapo: solitudine totale, rinuncia, o tuffo nella realtà? Dovrò compiere altre rivoluzioni attorno al mio asse, in ventiquattro ore.” La lettura, suddivisa in tre atti, attraversa l’opera di Flaiano, decostruendo i testi e ricostruendoli secondo il ritmo scandito da una rotazione individuale: da mezzogiorno alla notte. Tre luoghi simbolici e rappresentativi della quotidianità di Ennio Flaiano fanno da sfondo al monologo del protagonista (detto da Roberto Herlitzka), che parla e ricorda e scrive e riscrive fra sé e sé: il caffè (la rivolta), luogo dei frammenti “civili”, del profondo e lucido disagio di fronte alla stupidità organizzata della società; il ristorante (la pacificazione), luogo dell’ironia aforistica, lapidaria e dissacratoria, nei confronti del mondo dei letterati e degli intellettuali, “minoranza di intelligenti” dominata da una “maggioranza di imbecilli”; infine il residence (il dolore), luogo della distanza dagli inutili dibattiti e banchetti, confronto con l’intimità piú segreta e sofferta.